Seconda guerra mondiale, Resistenza, Eccidio di Schio
Di ugual prova di forza d'animo Schio diede prova durante la Seconda guerra mondiale e in particolare durante la Resistenza. La città fu la base per un nutrito gruppo di aggueriti partigiani, comandati da Guglielmino Bertoldi, detto Mino, che salvò la vita a molti cittadini dalle angherie nazi-fasciste, e contribuì alla lotta partigiana fino alla fine, arrivando anche tra i primi a [Pedescala] dopo il terribile massacro delle divisioni tedesche.
Schio è tra le Città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione perché è stata insignita della Medaglia d'Argento al Valor Militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale.
Biblioteca Civica Di Schio (ex carcere)
Da ricordare l'eccidio di Schio: la notte del 6 luglio 1945 un gruppo di partigiani irrompe nel carcere della città aprendo il fuoco su presunti fascisti e collaborazionisti lì rinchiusi e uccidendo 54 persone tra uomini e donne. Resta da notare, peraltro, che all'indomani dell'evento le organizzazioni partigiane, la Camera del Lavoro e il Partito Comunista Italiano, hanno condannato l'accaduto. Citando Sarah Morgan a riguardo l'episodio di Schio è avvenuto al di fuori del periodo di guerra, quando uccidere era diventato inaccettabile. Questo era un atto fuori legge e fuori dalle regole, portato a termine dai partigiani in aperta sfida anche ai loro stessi superiori.
L'Eccidio di Schio è un esempio di "regolamento di conti" all'italiana. La guerra era finita da oltre due mesi, ma una squadriglia di partigiani aprì il fuoco su ex componenti del partito fascista e su persone che poco o niente avevano a che fare con il fascismo (mogli, fidanzate, conoscenti...) inermi che erano rinchiusi nelle carceri mandamentali.
Una delle giornate più nere della cronaca italiana riportata alla luce grazie a Giampaolo Pansa nel 2003 con il romanzo Il sangue dei vinti.
martedì 11 dicembre 2007
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